Quando i suoni sono colorati

La sinestesia, dalle intuizioni di Skrjabin e Kandinskj, alle teorie e forme d’arte che si sono sviluppate, da parte di tutta una generazione di musicisti, nel Novecento

di Luigi Verdi

Colour OrganIl problema percettivo connesso al rapporto tra suoni e colori divenne comune a molti musicisti a partire della seconda metà dell’Ottocento, anche se solamente all’inizio del Novecento diede luogo ad esiti artistici significativi, quando Aleksandr Skrjabin, nella sua composizione Prometeo (1909), inserì nel grande organico orchestrale una tastiera a colori (appositamente costruita dall’ingegnere Aleksandr Mozer), che doveva proiettare determinati colori in corrispondenza allo svolgimento musicale. In quegli anni, che non a caso corrispondono alla nascita e allo sviluppo del cinema, forma d’arte sin(es)tetica per eccellenza, si tentò con alterno successo la costruzione di nuovi strumenti musicali per sperimentare il rapporto suono-colore: il più celebre tentativo fu il Colour Organ di Wallace Rimington (1895), che pure influenzò Skrjabin.

La corrispondenza suono-colore realizzata da Skrjabin nel Prometeo incuriosì molto Vasilij Kandinskij, che aveva notato in sé la capacità di associare colori a determinati timbri strumentali. Secondo Kandinskij le sensazioni provenienti da sfere sensoriali confinanti potevano vibrare per simpatia, alla stessa maniera con cui, per usare una sua espressione, «vibrano tutte le corde di una violino se una sola di esse viene sfiorata». Kandinskij riconobbe esplicitamente a Skrjabin il ruolo di ispiratore della propria concezione dell’‘arte sintetica’ quale si manifestò poi nelle sue composizioni sceniche come Der gelbe Klang: «Il principio della semplice addizione aritmetica – scrive Kandinskij – è chiamato a rinforzare i procedimenti propri di ogni arte grazie a un processo parallelo tratto dall’una o dall’altra arte». Queste intuizioni trovano conferma, in tempi molto recenti, con tutte le forme d’arte o d’espressione legate alla moderna multimedialità, o che comprendono un ‘bombardamento sensoriale’ coinvolgente in varia misura suoni, colori e movimenti (cinema, discoteca, concerto rock).

Accenni alla possibilità di mettere in relazione suoni e colori si trovano in molti compositori del Novecento, come Claude Debussy, Arnold Schönberg, Arthur Bliss, Granville Bantock, Iosip Slavenskij, Vito Frazzi, Domenico Alaleona, Ivan Vynegradskij; tuttavia il musicista che più di altri ha elevato il rapporto suono-colore a prassi compositiva è Olivier Messiaen, per il quale «il colore è lo spazio visuale della musica». Messiaen non vedeva colori isolati in rapporto a suoni isolati, ma dei complessi di colori, corrispondenti agli accordi musicali.

Ma come sono possibili sensazioni così vivide? Una delle teorie interpretative più accreditate sostiene che gli individui il cui centro corticale del colore è estremamente sensibile, se vengono abituati fin da piccoli a collegare suoni e colori, trasformano questa associazione casuale in una connessione intima, che diventa congenita. In questo senso la sinestesia sarebbe un fenomeno affine al cosidetto orecchio assoluto. Non mancano tuttavia voci critiche che sostengono che la percezione sinestetica possa essere assimilabile a istanze pseudoscientifiche come la parapsicologia.