La musica minimalista è una sorta di rigetto di quanto alla fine degli anni Sessanta del Novecento viene dalle avanguardie musicali. Il relativismo delle nuove tecniche aleatorie, la complessità disordinata di partiture monstre per densità sonora portano inevitabilmente all’esigenza, sentita principalmente negli Stati Uniti, di un nuovo ordine. Il minimalismo porta rigore, un nuovo tipo di ascolto basato sulla ripetitività,su tessiture limpide, arpeggi tonali, l’esclusione di ogni tipo di trasformazione che non sia quel sottile e quasi impercettibile slittare del tempo musicale e dei suoi accenti lungo ipnotici, interminabili pattern. E’ la musica che può finalmente dialogare con le diverse culture – musicali e culturali – che trasformano il mondo di quegli anni ad una velocità sorprendente, e dunque nel suo ottimismo pop dialoga con la musica classica e quella orientale, con il mondo del rock, a cui strizza l’occhio con buoni risultati commerciali. Il minimalismo ha quanto manca, in termini di apertura mentale e di condivisione con le masse, alla musica colta, sempre più chiusa nei suoi tecnicismi e nei suoi festival “per addetti ai lavori”. L’ascolto è facile, puo’ anche essere distratto e di sottofondo, come si conviene ai tempi veloci di una metropoli e dei suoi abitanti; come sintetizza Brian Eno il suo è “un allontanarsi dalla narrazione in favore del paesaggio, dall’evento della performance verso lo spazio sonoro”. Il minimalismo rigoroso dei primi tempi è però un filone non sfruttabile all’infinito, c’è il rischio della ripetitività nella ripetitività. Alcuni compositori più sensibili come John Adams – assieme a Philip Glass il più dotato tra i protagonisti del minimalismo – comprendono i limiti e si evolvono verso una musica in cui il minimalismo è uno degli elementi, ma le tecniche di composizioni si fanno più complesse, in una sorta di riavvicinamento – all’avanguardia.
E’ una musica che non ha ancora un nome, come è stato scritto a proposito del compositore cinquantaquattrenne David Lang. Vincitore del premio Pulitzer per un’opera dedicata alla piccola fiammiferaia. Lang è cofondatore del gruppo newyorkese Bang on the Can, i cui festival sono caratterizzati da una grande apertura a tutto quanto è sperimentale. Pierced di Lang, del 2007, è un brano che rappresenta questa indefinibilità di stile, anche se la ossessiva scansione ritmica del brano porta al pensiero di una base minimalista. Ma c’è dell’altro. Il brano è scritto per tre strumenti solisti (pianoforte, violoncello e percussione) e orchestra d’archi, una sorta di Triplo Concerto, oppure potremmo chiamarlo “Concerto per tre solisti contro orchestra”. Infatti la logica dell’opera è di percepire un muro tra l’orchestra e i solisti, in cui i due gruppi siano estranei l’uno all’altro, ma in cui si cerca una coesistenza. “La loro simultaneità colora il modo in cui si percepisce il ruolo di ognuno – spiega Lang. L’unisono dei solisti in stile jazz in apertura ad esempio – indicato “fraseggio alla Zappa” – non ha nulla a che vedere con gli archi minacciosi che stanno sullo sfondo, ma i due elementi creano uno strano tipo di insieme”. Tra i due elementi vi è dunque un muro immaginario, ma non è solido bensì fatto di una membrana permeabile. A un certo punto il muro è bucato (pierced) perché parti del materiale si muovono da un gruppo musicale all’altro. La struttura dell’opera è dunque attraversata da incertezze, come se la tranquilla riva del minimalismo sia stata lasciata e osservata da lontano.
The Chairman Dances nasce come una sorta di studio di John Adams per l’opera Nixon in China, di cui doveva occupare la scena finale ma che l’autore preferì usare come pezzo da concerto autonomo. E’ un curioso “foxtrot” immaginato per la figura di Mao e della moglie, Chiang Ch’ing, nota come ideologa della Rivoluzione culturale cinese, ma che precedentemente era stata attrice cinematografica a Shanghai. Ed è questo il punto di partenza del foxtrot, che riporta l’immagine dalle giovane coppia che danza al suono di un grammofon. Adams ricrea quella che doveva essere doveva essere la musica da film in Cina degli anni Trenta, ma che suona molto hollywoodiana nel suo raffinato sentimentalismo.